Rivoluzione Liberale

Editoriali,articoli e rassegna stampa di cultura liberale.

Wednesday, February 28, 2007

Viva l'Italia


Complimenti vivissimi di Elio Antonucci


Il centrosinistra si sta accingendo a votare la fiducia al Prodi – bis. Risultato scontato, niente di nuovo. Ma è a guardare dall’altra parte che vengono i brividi. In un Paese dove non esiste una maggioranza reale né tanto meno parlamentare c’è un’opposizione divisa su tutto, patetica e chiassosa. Tutti contro tutti, occhio per occhio – dente per dente. Casini contro Berlusconi, la Lega contro Fini, democristiani contro tutti. “Questo centrodestra fa ridere”, “Siamo al 57%”, “Via al Parlamento del Nord” sono solo alcune delle curiose dichiarazioni che i presunti leader del Polo hanno rilasciato in queste lunghe settimane. Senza capire che di questo passo si disorienta l’elettorato moderato, rompendo, di fatto, quel gigantesco muro di dissenso verso la sinistra che fino a dicembre avevamo tutti insieme costruito. Non sono affatto convinto che le continue beghe interne e le invidie personali possano giovare ad alcuno. Casini si illude quando pensa di poter riuscire a coagulare il 15% dei voti in un partito neocentristra, Berlusconi viceversa sbaglia nel non ritenere l’Udc indispensabile nella contesa elettorale. Qui, cari amici del centrodestra, bisogna capire una cosa molto semplice: non dobbiamo stringere il cerchio delle alleanze, ma allargarlo il più possibile verso il centro moderato. Sono convinto che ci siano ancora delle praterie estese in cui mietere centinaia di migliaia di voti e sconfiggere pesantemente i compagni di rosso vestiti. Dobbiamo uscire dalla logica dell’accerchiamento e non credere che tutto il mondo ci sia avverso, a partire da quello della cultura e dell’informazione. Oggi ci sono fior fiore di intellettuali moderati che con la sinistra non hanno nulla da spartire. Penso a Sergio Romano, a Ostellino, a Panebianco. Incoraggiamoli anzicchè spaventarli con le boutade alla Bossi o con i personalismi alla Berlusconi. E lo stesso discorso va fatto a livello locale. Esistono centinaia di movimenti e liste civiche che non scelgono il Polo solo per preconcetti culturali. Proponiamoci come forze riformatrici e liberali, coinvolgiamoli nel cambiamento. Ci vuole più coraggio. Mi rendo conto comunque che con le divisioni che ci sono oggi tutto questo altro non sia che un miraggio. Ma c’è un popolo di centro e centrodestra maggioritario in Italia che deve (sì, è proprio un obbligo) essere rappresentato. Oggi il nostro amato Paese vive una drammatica crisi politica, governato com’è da incompetenti che stanno lacerando il tessuto sociale e azzerando le prospettive di sviluppo necessarie. Siamo tornati indietro di trent’anni, alla politica delle compravendite di voti, del tirare a campare, della retorica, della politica fallimentare e vecchia, di un esecutivo imbarazzante e mal composto. Dovrebbe essere il momento dell’orgoglio, dei programmi e delle soluzioni per uscire dalla palude unionista. Il centrodestra però sembra essere interessato a tutt’altro. Complimenti vivissimi.

Thursday, February 22, 2007

TUTTI GIU' PER TERRA


21 Febbraio 2007: il Governo Prodi scivola brutalmente in Senato. Diagnosi: Decesso per multitraumaAvevamo messo il contatore per segnare, giorno dopo giorno, i guasti del peggior esecutivo che l'Italia avesse mai avuto. Hanno umiliato il Paese, i lavoratori, hanno occupato tutto fino all'ultimo posto disponibile, si sono arrogati il diritto di rappresentare una nazione che la maggioranza dei voti manco gliel'aveva data. Il Governo dei coglioni eletto dai coglioni è finalmente giunto al capolinea. Potranno rianimarlo, riesumarlo, raccattarlo. Ma non c'è soluzione alcuna: ELEZIONI SUBITO!!!!!!!!L'Italia è oggi sotto i riflettori della scena internazionale a causa di un coacervo di incompetenti che non è in grado di mantenere una coerente linea di politica estera. Abbiamo una credibilità sottozero.Ho sentito dire da deficienti che D'Alema è un grande politico, un grande ministro.Io so solo che il Carissimo Massimo ha fatto cadere, grazie alla sua mozione, Prodi. E questo è il suo unico merito. Grandissimo merito.Potranno fare adesso tutte le porcate che la sinistra patetica ci ha insegnato in questi anni, potranno tirare a campare. Ma presto, molto presto, gli italiani per bene, amanti della libertà e del buon governo li rispediranno dritti nelle fogne da cui vengono. A suon di calci in culo. Brinda Romano, brinda. E poi togliti dai coglioni, please

Monday, February 12, 2007

Roulette russa


Quella che si è chiusa ieri è stata una settimana pessima da tutti i punti di vista. A partire da domenica scorsa. Siamo a “Quelli che il calcio” e Pippo Baudo sciorina le classiche banalità all’italiana. Cavalcando l’onda mediatica, si scaglia contro il Pontefice, reo, a suo avviso, di aver trascurato nella sua omelia i fatti di Catania per parlare invece di unioni di fatto e comunioni. E dice bene il direttore di Liberazione quando rimprovera a Baudo di “voler dare lezioni al Papa e trascinare la Chiesa sul piano della spettacolarizzazione dell’informazione”. Ma si sa, Pippo deve fare pubblicità all’imminente ennesimo flop della non – canzone di Sanremo. E poi di questi tempi progressisti fa così figo attaccare Ratzinger, tanto più se si è dei vecchi marpioni democristiani come Baudo.
Dicevamo di Catania. Che palle il calcio, che palle l’ipocrisia in salsa amatriciana. Ma guarda te, della violenza negli stadi gli italioti se ne sono accorti solo ora. Però capiteli. Dopotutto fino a qualche giorno fa erano ancora impegnati a parlare del massacro di Erba o delle beghe amorose del Berlusca. Insomma, ci vuole tempo.
Nel frattempo siamo stati sfiduciati in politica estera. Quei birbanti di ambasciatori hanno osato criticare le mosse di Baffino e, apriti cielo, ecco la convocazione dell’ambasciatore Spogli alla Farnesina. Tutto risolto per carità, almeno secondo i media italiani. Perché basta leggere gli editoriali del New York Times, del Washington Post o i commenti della Heritage Foundation per scoprire che non è esattamente così. Ma chi se ne fotte.
Giovedì sera abbiamo appreso dalla simpatica ministra Pollastrini che i Pacs non ci sono più. No amici, non illudetevi, hanno solo cambiato nome. Ora sono i DICO. Dico io, insomma, tanto per parafrasare Feltri, “tutto sto casino per due gay”. Già, cosa c’è di tanto sconvolgente nel riconoscere un po’ di diritti civili agli omosessuali? In Olanda e in Spagna è stato fatto dal centrodestra, ma quelli son Paesi normali. Da noi la Chesa e i cattolici gridano allo scandalo, il Governo gongola pubblicizzando una legge confusa e patetica. Ma cosa pretendiamo dall’Unione? Sono solo dei comici allo sbaraglio.
A proposito di comicità, ve lo ricordate il pacchetto Bersani? Titolo de La Stampa “Via alle liberalizzazioni, sul serio”. A parte che far lavorare i parrucchieri al lunedì o fare 30 km per risparmiare 2 euro sulla benza non mi sembra tutta sta grande liberalizzazione, ma l’unica cosa utile, cioè la riduzione dei costi di ricarica dei telefonini, è stata rimandata. Se ne riparlerà tra alcuni mesi. E probabilmente farà la stessa fine dell’affaire tassinari. Cioè, un buco nell’acqua.
Prodi nel frattempo è in India a vender mortadelle e a cingersi di corone di fiori. “Dobbiamo aprirci all’Asia”. Bamba, vallo a spiegare al piccolo imprenditore di Vicenza o ai lombardi. Poi vediamo chi tira avanti sta carretta di Paese.
Infine dopo tanto casino è tornato il Campionato ed è tornato pure Ronaldo. Che sballo.

Una settimana sola, l’ultima appena descritta, per capire come questo Paese sia alla frutta. E come per uscire sani di mente da questo coacervo di idiozia e approssimazione sia più difficile che farlo da una roulette russa.
Il mio ultimo pensiero va a Dalia e Giorgia. Volevano solo riposarsi e divertirsi in vacanza come fanno tutti i ragazzi della loro età. Su una bellissima spiaggia di CapoVerde sono state violentate, prese a sassate e sepolte vive nella sabbia. Ora ci sono solo due famiglie rimaste a piangerle. Bastardi.

Thursday, February 08, 2007

La continuità discontinua


Il presidente del Consiglio Romano Prodi ha voluto riunire il vertice dell’Unione sulla politica estera prima di partire per l’India, ma questa scelta non sembra essere stata particolarmente apprezzata dai suoi alleati. Il ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha spiegato di essere stato “convocato”, ed è arrivato con un’ora di ritardo. Il Guardasigilli Clemente Mastella non l’ha aspettato, dice, a causa di un’influenza, e se ne è andato a casa facendo sibillinamente gli auguri per le votazioni al Senato. Il vicepremier Francesco Rutelli, che invece dall’influenza è appena guarito, se ne è andato prima per un impegno televisivo, ma ha assicurato la stesura di una dichiarazione comune alla fine del vertice, ancora in corso mentre scriviamo. La sinistra antagonista, che non voleva essere messa sul banco degli imputati per la sua dissidenza sulla base americana di Vicenza aveva chiesto che il vertice discutesse “di tutto”, ma non ha ottenuto ciò che voleva. In questo andirivieni di ministri la dichiarazione di Romano Prodi, “siamo una squadra che vince se ci passiamo la palla” è apparsa un po’ surreale. Quando poi si è vantato, riferendosi alla politica estera, di aver “cambiato passo a testa alta” è sembrato più un istruttore di ginnastica che un premier. Il fatto è che una svogliata riunione di esponenti della maggioranza può servire a Prodi per sostenere che c’è accordo sulla “continuità discontinua” della nostra politica estera, ma non risolve nessun problema, né quello dell’irritazione americana (ribadita dal portavoce del Dipartimento di stato che ha dichiarato che la lettera firmata dall’ambasciatore Spogli è “pienamente in linea” con ciò che hanno affermato sull’Afghanistan il presidente George W. Bush, il segretario di stato Condoleezza Rice e il capo del Pentagono Robert Gates), né quello della dissidenza a sinistra. Tra dieci giorni si terrà la manifestazione indetta da tre partiti della maggioranza per protestare contro la decisione di Prodi su Vicenza. Un mese dopo si voterà in Parlamento sul rifinanziamento della missione in Afghanistan. E’ lì che si vedrà quanto contano le frasi contorte dei comunicati su una politica estera che non c’è.
From "Il Foglio"

Tuesday, February 06, 2007

Figuraccia internazionale. Questa è l'Italia della sinistra

La situazione sul campo in Afghanistan è difficile; le forze della Nato si scontrano ogni giorno con i talebani in feroci azioni di guerriglia, in attesa di mosse decisive in primavera. Ma la situazione è in una fase delicata anche dal punto di vista politico. E politico è il documento che è stato elaborato a Roma da un gruppo di sei ambasciatori di Paesi Nato impegnati nella campagna afghana.
Si tratta di una «lettera aperta agli italiani» che parte da un apprezzamento del nostro contributo (circa duemila militari schierati tra la provincia occidentale di Herat e la zona di Kabul) e che sottolinea quanto questa presenza sia fondamentale. Nel testo, sottoscritto dagli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Canada, Olanda e Romania, vengono ricordate le motivazioni che hanno portato all’impegno. L’attacco terroristico all’Occidente dell’11 settembre 2001 venne progettato dall’Afghanistan, dove il regime talebano aveva concesso libertà di azione ad Al Qaeda. Per questo non si può permettere ai fanatici «studenti islamici » di riorganizzarsi. Bisogna contenerli dal punto di vista militare garantendo sicurezza al Paese e al tempo stesso mostrando alla popolazione locale i frutti della presenza occidentale, la ricostruzione. I sei diplomatici accreditati al Quirinale descrivono una strategia poggiata sui pilastri della sicurezza e della ricostruzione civile. Ammettono la durezza della sfida, ma ricordano i successi ottenuti con «il valido contributo italiano »: dalle elezioni politiche libere che hanno legittimato il governo di Kabul, ai progressi nel campo dei diritti civili, che tra l’altro hanno offerto alle donne di Kabul una scelta sul burqa. C’è un appello anche a investire nella lotta alle coltivazioni di droga, i cui proventi sono reinvestiti sul mercato clandestino delle armi.
Questa lettera aperta agli italiani parla naturalmente anche alle forze politiche, in particolare alle componenti della maggioranza che hanno espresso dubbi sulla missione. Il governo ha varato il decreto di rifinanziamento della spedizione italiana in Afghanistan senza il sì dei tre ministri della sinistra radicale Ferrero, Bianchi e Pecoraro Scanio e ora è atteso al voto parlamentare di conversione.
Il «decreto Kabul» sarebbe dovuto passare alla Camera nella terza settimana di febbraio e subito dopo al Senato, ma lo scacco subito giovedì dal governo a Palazzo Madama nel voto per la base americana di Vicenza potrebbe portare a una drammatica accelerazione per arrivare al chiarimento con Pdci, Rifondazione e Verdi. Il documento diplomatico che invita l’Italia a non deviare dalla linea della fermezza e a proseguire con il suo «valido contributo», secondo quanto risulta al Corriere, parte dalla proposta del rappresentante americano Richard Spogli, che l’avrebbe presentata ai colleghi durante uno degli incontri collegiali che gli ambasciatori accreditati a Roma tengono più o meno ogni due mesi. Partecipa chi lo ritiene opportuno. E questa volta l’iniziativa dell’inviato dell’amministrazione Bush ha raccolto l’adesione dei colleghi australiano, britannico, canadese, olandese e romeno. Non vi hanno preso parte le ambasciate di Francia, Germania e Spagna, che hanno contingenti militari in Afghanistan e all’ultimo vertice della Nato hanno ricevuto pressanti richieste di maggiore impegno nello sforzo militare nel teatro meridionale delle operazioni. Tema delicato, tanto che le tradizionali cautele del linguaggio diplomatico questa volta sono state accentuate e il testo è stato rivisto e limato più volte per accogliere i suggerimenti dei firmatari. Tutti diplomatici di peso, qualcuno con esperienze di «prima linea», come l’ambasciatore di Gran Bretagna Edward Chaplin, che nell’aprile 2004 fu mandato a Bagdad per riaprire la sede che era rimasta chiusa dalla guerra di liberazione del Kuwait, nel 2001.
La lettera è stata sottoposta anche al governo italiano che ha colto il significato di sostegno politico. Che non implica richiesta di ulteriore impegno militare. Su quel fronte Londra ha appena annunciato l’invio di rinforzi (800 soldati) per il suo contingente di 5 mila paracadutisti e Royal Marines che servono con i 32 mila uomini e donne dell’Isaf, la forza di stabilizzazione dell’Alleanza Atlantica.
From "Corriere della Sera"

Monday, February 05, 2007

Guerra totale di Elio Antonucci



L’altra sera ero a casa di amici. Andrea mi ha chiesto se volevo vedere il video di un’esecuzione in Iraq ed io ho accettato. Gli estremisti islamici erano in quattro, vestiti con tute arancio, a mimare i reclusi di Guantanamo Bay. Il sequestrato, un americano, era inginocchiato, davanti a loro. Il filmato durava in tutto sette minuti circa. Sei di questi sono stati spesi nella lettura del comunicato e della condanna a morte, uno, appena uno, nell’esecuzione. L’ostaggio è stato sbattuto in terra, con mani e piedi legati, quindi gli si è esteso il collo. Il boia ha iniziato a incidere la circonferenza cervicale con quello che poteva essere un machete o un lungo pugnale, non saprei. La vittima ha cominciato a gridare, nel mentre il suo sangue vomitava a terra. E’bastato un attimo. Quel grido si è trasformato in un rantolo soffocato, simile a quello che emette il maiale quando viene sgozzato. Pochi secondi ancora e, tra un rantolo ed un altro, tra un’ovazione ed un’altra, l’aguzzino ha reciso gli ultimi centimetri di colonna prima e di cute poi. Infine, soddisfatto, ha deposto la testa dell’americano sulla sua schiena.
Ho provato lo stesso orrore, la stessa rabbia, che provai quel mercoledì di settembre, 11 settembre, dell’anno 2001. Mi sono fermato un attimo e poi ho detto agli altri: “Come facciamo noi europei, noi occidentali, a dire che Bush sbaglia?”. Silenzio.
E’ stata l’ennesima dimostrazione del solco profondo, profondissimo, che separa la civiltà dalla barbarie, l’Occidente dall’Islam, il Bene dal Male. Ho visto che cosa può arrivare a fare un uomo ad un suo simile, quale tremenda morte è in grado di infliggergli, senza alcun rispetto della sua dignità. Lo hanno trucidato come un maiale. Del resto, proprio gli islamici, altro non fanno che equiparare noi europei, noi americani, noi occidentali a dei maiali infedeli. Ho sentito troppe volte parlare di un presunto scontro di civiltà, ma si tratta di un’invenzione. Questa è una guerra totale tra l’uomo e la bestialità musulmana. E le guerre, volenti o nolenti, non le si affronta con il dialogo, con il ritiro delle truppe o con il lassismo progressista e filo terrorista. Le si combatte per vincerle. A qualunque prezzo.

Thursday, February 01, 2007

La favola del signor Ezino


Fu così che dopo mesi e mesi di grigiume il buon Ezino trovò lo scoop. Come manna dal cielo gli giunse in redazione la lettera della sciura Veronica. “Perbacco” esclamò Ezino “finalmente ora ho qualcosa di vero tra le mani. Questa è una notizia, altro che le inchieste copiate da Striscia o i sondaggi ritoccati ad arte. Amici all’opra, all’opra che s’adda pubblicare!”. Poche ore passarono e tutte le agenzie di stampa iniziarono a battere “Silvio, hai tradito la mia dignità”. E il Bel Paese si svegliò con una prima pagina finalmente degna di nota. Se Barbapapà si divertì a lungo nel promuovere il buon Walter ed il fido Carletto reclamò, invano, la prima tessera di uno strano partito, il povero Ezino cercò in tutti i modi di far sfigurare il meno possibile l’amato Romano. Ma come fare? “Quello è proprio un tontolone, l’ultima bischerata sul Papa proprio non gliela perdono” continuò a ripetersi il direttore nella sua stanza. I mesi passarono e finalmente la notte del 30 gennaio regalò ad Ezino la ricompensa per le tante attese tradite. Il giorno dopo i cortigiani cominciarono a parlare e a riparlare. “Hai visto la sciura Veronica?”, “No, Silvio, no! Questo proprio non lo dovevi fare”. E così continuarono per tutto il pomeriggio. Nelle piazze telematiche i popoli nemici si sfidarono a colpi di fioretto “Brava Veronica”, “Forza Silvio”, mentre gli amici giornalisti scorazzarono allegramente nel passato della nota coppia. Un caso nazionale, non c’è che dire. Intanto nella redazione romana fu tutta una festa carnevalesca. Orde di cronisti e presunti editorialisti finalmente a braccetto e sbronzi, liberi di esternar boiate, al di fuori dei loro noiosi articoli. Nella stanza di Ezino, invece, un brindisi. “Vai Silvio, un’altra botta così ed è fatta. Tu rivinci le elezioni ed io vendo ancor più copie”. E pace fu.

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