Rivoluzione Liberale

Editoriali,articoli e rassegna stampa di cultura liberale.

Monday, April 23, 2007

Intervista ad Andrè Glucksmann


«È stata una festa commossa, felice. Con un momento forte, indimenticabile: quando Simone Veil, 80 anni a luglio, sopravvissuta ai campi di concentramento, ha abbracciato Sarkozy e lo ha ringraziato per essere riuscito a sconfiggere, una volta per tutte, Jean-Marie Le Pen». André Glucksmann ieri sera ha partecipato al ritrovo di rue d'Enghien, il quartiere generale della campagna elettorale dove alle 21.30 Nicolas Sarkozy ha festeggiato la vittoria con i collaboratori più stretti e gli amici che lo hanno sostenuto. Con un articolo pubblicato su Le Monde e sul Corriere della Sera, a fine gennaio il filosofo aveva preso posizione a favore di Sarkozy: una mossa sorprendente per un intellettuale francese, categoria incline ad alzare il sopracciglio quando si parla del leader della destra. Una mossa che in Francia ha fruttato a Glucksmann molte critiche, e che ora il nouveau philosophe degli anni Settanta, passato coerentemente dalle battaglie per i diritti dei boat people a quelle per la libertà dei ceceni, rivendica con pacatezza e convinzione.
C'è una punta di gioia personale, di rivincita, nella soddisfazione per la vittoria di Sarkozy? «Sono contento che la campagna di demonizzazione di Sarkozy non abbia avuto la meglio. Tutta la sinistra, e quindi anche Ségolène Royal, cerca di frenare la sua corsa all'Eliseo puntando sugli insulti, sulla campagna di delegittimazione, suggerendo che sia un uomo non degno, isterico, pericoloso per la democrazia e magari anche incline a tendenze eugenetico-naziste: la polemica scatenata dalle frasi sull'origine genetica della pedofilia, per esempio, è ingiustificata, Sarkozy non ha detto niente di mostruoso. Ci sono state le caricature, i manifesti imbrattati con i baffetti di Hitler, questa strategia ha fallito ma vedo che comunque la sinistra, che non ha altri mezzi, cerca di riunirsi sotto la formula Tout sauf Sarkozy, chiunque tranne Sarkozy, anche per il secondo turno».
Da dove nasce la vittoria di Sarkozy? «Prima di tutto, dal ritorno prepotente della politica. Quello che ha modificato completamente la situazione è che la Francia ha votato, massicciamente, con un interesse, una passione, un entusiasmo che contrariamente a quello che il luogo comune poteva suggerire non è andato a vantaggio della sinistra. È un elemento fondamentale, straordinario, perché significa che la democrazia partecipativa non è morta, e non credo affatto a quelli che la giudicano semplicemente trasformata in demagogica. L'affluenza alle urne è un sospiro di sollievo per tutti, bisogna esserne felici».
Come è riuscito a convincere undici milioni di francesi ad andare a votare per lui? «Con lo stile. Lo stile è tutto. E lo stile di Nicolas Sarkozy è il coraggio. È un modo di dire le cose come stanno, quel modo che la sinistra degrada a demagogia e populismo, ma non lo è affatto. Sarkozy ha il coraggio di vedere la realtà, di indicare i problemi. La sinistra di Ségolène Royal, con il suo atteggiamento consensuale, rassicura ma lascia le questioni immutate, anzi le aggrava. La Royal gioca sull'assenza di conflitti, e demonizza chi invece ha il coraggio e il senso di responsabilità di farsene carico».
Sarkozy si scaglia di continuo contro il «pensiero unico» francese. «È quello che io chiamo "la polizia delle parole". Lo detestano perché non usa strani eufemismi, ma non offrono alcuna alternativa credibile a parte l'ipocrisia».
Non crede che il buon risultato di Ségolène Royal, la prima donna a raggiungere il secondo turno delle presidenziali, sia comunque un progresso per le donne? «Mi dispiace, non riesco a vedere la questione in questa prospettiva. Adoro Angela Merkel, mi piacciono le sue idee e le sue azioni politiche, la sua dura esperienza sotto il regime comunista della Germania Est contribuisce a renderla una leader mille volte più intelligente di Gerhard Schröder, per esempio. Ma la adoro, appunto, non perché è donna. Credo che tutti, anche i politici, andrebbero giudicati sulla base delle loro idee e azioni, e non del sesso».
Alcuni sondaggi davano la Royal traballante, invece è passata al secondo turno e ha ancora buone chance. «Sullo sfondo, comunque, vedo consolidarsi una tendenza che è in atto da decenni nella politica francese, e cioè la diminuzione dei voti complessivi della sinistra. È in calo costante perché ha perso la sua base operaia e popolare, e non perché il partito comunista è sparito, o perché il fronte nazionale le ruba i voti. Le Pen stavolta è andato malissimo, comunque l'insieme dei voti della sinistra è più o meno sempre quello. Ecco perché non ho mai fatto allusione alla psicologia, al carattere personale di Ségolène Royal. Fa quel che può, all'interno di un vuoto concettuale che riguarda tutta la sinistra».
Quale previsione fa per il secondo turno? «Non so, dipende anche da quel che faranno gli elettori di Bayrou, che potrebbero dividersi tra Sarkozy e Royal più o meno a metà. Per adesso, con Simone Veil, sono felice che Sarkozy sia riuscito a distruggere l'opera pluridecennale di Mitterrand e Chirac, che hanno sempre alimentato il Fronte nazionale per piegarlo ai loro interessi e danneggiare l'avversario. Sarkozy è stato il primo a rompere con

Acqua calda ma di sinistra di E. Galli Della Loggia


Dopo che da almeno una trentina d'anni moltissimi altri vanno ripetendo le stesse cose, Gadi Luzzatto Voghera scopre, oggi, che esiste — pensa tu — un Antisemitismo a sinistra (così s'intitola infatti il suo libro appena uscito da Einaudi). Naturalmente egli evita accuratamente qualsiasi accenno al fatto che sullo stesso argomento anche in Italia sono comparsi non pochi libri. Nulla. Stando alle sue pagine lui è il primo che scopre e parla del fenomeno. Perché ovviamente lui non è come quegli altri, che magari non erano neppure di sinistra. Lui invece no, lui è di sinistra: e si sa che per la sinistra tutte le verità della storia (che spesso lei stessa si è ostinata a negare per decenni) cominciano a esistere solo quando, in genere dopo mezzo secolo e sempre presentandole come strabilianti novità, anche lei finalmente le scopre. Quando cioè, ormai, come nel caso di Luzzatto Voghera, si tratta della scoperta dell'acqua calda.

From "Corriere della Sera", April 23, 2007

Thursday, April 05, 2007

Cavaliere laico. Ora non ci deluda


È un vero peccato che le parole più sincere e più impegnative (nel bene e nel male) di Silvio Berlusconi resistano, in genere, solo poche ore prima di venir seppellite da rettifiche, messe a punto, smentite e accuse alla stampa di aver travisato il pensiero del nostro. È un peccato per tutto il discorso pubblico, intendiamo dire. Ma pure, se ci è lecito dirlo, per Berlusconi. Che, quando parla senza lasciarsi troppo condizionare dalla (comprensibile) esigenza di tenere assieme quel che resta della Casa delle libertà, farà anche delle gaffes, e però spesso dice cose che molti pensano, a destra e a sinistra, ma nessuno ha il coraggio, se volete la semplicità d'animo, di affermare a viso aperto.Chiediamo scusa per la lunga premessa. Ma ci è necessaria per esprimere la speranza che almeno stavolta Berlusconi faccia un'eccezione, e tenga botta. Nella tempesta suscitata dal nuovo presidente della Cei a proposito di Dico, pedofilia e incesto, le parole più chiare, più semplici, con ogni probabilità più comprensibili da parte della grande maggioranza dell'opinione pubblica, ma a quanto pare meno pronunciabili a destra come a sinistra, le ha dette lui. Eccole. «La Chiesa è libera di esprimere le proprie opinioni, ma anche i cittadini sono liberi di comportarsi secondo coscienza e intelletto, visto che il nostro è uno Stato laico». Ovvietà? Altrove forse sì, anzi, sicuramente sì. In Italia, proprio no. Al punto che (ci perdoni il Cavaliere, e ci perdoni pure Luis Rodrìguez) una simile affermazione rischia di prendere da noi, in un Paese dove nel centrodestra ci si contende il titolo di miglior baciapile, e centrosinistra ministri e leader di partito seriosamente discutono se e come partecipare al Family Day, addirittura un tono vagamente zapaterista. Musica, per le nostre orecchie. Cavaliere, non ci deluda. Avanti così.
From: "Il Riformista"

Come voterei in Francia di Guido Ceronetti


Neppure venti giorni e la vecchia madre delle repubbliche europee avrà un nuovo presidente. Se ci sarà ballottaggio, un po’ più tardi. Dei tre candidati, fossi cittadino francese (lo sono culturalmente, non comporta voto) voterei a occhi chiusi e senza esitazioni Nicolas Sarkozy.L’importanza di questa elezione per l’Europa di cui l’unione è fatta di coccoina secca è grandissima: la Francia è l’unico Stato UE a regime presidenziale, con presidenza effettiva e sistema di potere in grado di operare (se gli piaccia, se abbia immaginazione e volontà combinate) per qualche bene comune, passando sopra ai partiti, lasciandoli vivere ma tenendoli lontani dall’arsenale dei bottoni, le mani sulla Polis nel suo insieme soltanto due, invece di venti o più (in Italia sono un’ottantina): dunque, di fatto, la vera, non astratta, non inutile, non puramente formale presidenza europea è esotericamente e cripticamente concentrata nel temporaneo abitatore dell’Eliseo di Parigi.Una disperante anomalia di ventisette stati a rimorchio esclusivamente di potenze industriali e dove il governo è fatto dai bilancini settari dei partiti, pone la necessità e l’urgenza di una influenza formidabile da parte di quella solitaria e centralizzata repubblica che chiede, col resto di questa ipotesi unionista europea, di avere al timone un tipo d’uomo somigliante nel pericolo al capitano MacWhirr del Tifone conradiano: la follia degli elementi, la banda dei cinesi impazziti nella stiva, e il ponte di comando come un inestinguibile faro, di là il capitano impassibile dà pochi e infallibili ordini, tutti sentono la sua forza interiore, la nave è salva.A Ségolène una cartolina di simpatia - il voto a Sarkozy. Questa, chiaramente, non è un’analisi politica: sarei un pesce fuor d’acqua. Del personaggio in questione conosco ben poco. Resse bene, mi pare, nella brutale prova delle banlieues insoumises, ma una presidenza repubblicana che sia esemplare per l’Europa dell’euro non manovra soltanto delle Compagnie di sicurezza. Il mio voto immaginario viene da un bisogno psicologico di grinta, di un potere forte - democratico ma forte - e di leggi impersonalmente forti, che mi consentano di essere sufficientemente, nel loro interno, anarca o hippy, libero come un malato di cui il medico assuma sopra di sé la catena, libero all’ombra del danda della legge, la cui funzione principalissima è di perseguitare e reprimere la violenza, di essere un burbero e laconico MacWhirr contro l’uragano della violenza urbana e mondiale, contro il male che la violenza incarna dappertutto, servendolo. Perché di fronte alla violenza questa Europa di vecchi arresi e di torrenzialmente dimessi dagli ospedali, di rincoglioniti e inebetiti dalle cure mediche e dalle pubblicità, di vecchi che spingono passeggini e carrelli gonfi di acquisti superflui, non è che un polpettone di carne spenzolante nella gabbia delle tigri. VIOLENZA io grido, e nessuno risponde: il grido di Giobbe (19,7 versione mia Adelphi) non ha mai cessato di risuonare e non è mai stato più attuale.Se colloca in testa a tutto il problema dell’ordine repubblicano e non si farà indicare la strada dall’ectoplasma ossessivo del PIL, Sarkozy è l’uomo giusto. Parallelamente - non subordinatamente - uno Stato con una enorme sequela di centrali nucleari prossime all’obsolescere, in un’Europa esposta a tutte le malavite e a tutti i progetti che implicano disastri ambientali, ha l’obbligo di non fregarsene, e noi da qui, pochi lucidi tra indifferenti cronici in eccesso, rassegnati a governi per i quali l’attenzione all’ambiente compare nei programmi per esibizione di bonarietà indulgente, aspettiamo umiliati e impotenti che qualche UFO di cruda consapevolezza dello stato del pianeta ravvivi il grigio sporco dei cieli al di là di tutto l’arco alpino. Dai governi italiani non mi aspetto segnali, e non so se ne verranno dal futuro presidente in Francia: questo per me è un Sarkozy ignoto.La parola ENVIRONNEMENT (ambiente) lo inquieta, lo tormenta, lo attrae? Mi pare tuttavia abbia manifestato l’intenzione di contenere le ondate migratorie, che portano asiatizzazione e periferie incurabili, ghetti, paure. Anche su questa smisurata sfida l’Europa UE è una statua di Arpocrate priva di mani. Che suoni la diana mattutina e il gallo canti nei cortili dell’Eliseo di Parigi.

From: "La Stampa"

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