Napolitano non ha parlato a caso
La critica del presidente della Repubblica alle procedure seguite per l’approvazione della Finanziaria è netta e precisa, com’è nello stile di un politico che ha molti difetti ma ha sempre disdegnato le fumisterie. Non è un appoggio alla campagna interessata che, peraltro legittimamente, conduce l’opposizione. E’ un allarme per il funzionamento dei meccanismi democratici, che vengono beffati da espedienti che, col tempo e per responsabilità di tutti, sono cresciuti su se stessi e hanno ormai raggiunto il limite dell’intollerabilità. L’istituzione della sessione di bilancio doveva, nelle intenzioni originarie, fornire al governo un passaggio privilegiato per far approvare le linee fondamentali della sua politica economica, e al Parlamento lo spazio necessario per una discussione approfondita. Quello che è capitato concretamente, come da anni andiamo sostenendo su queste colonne, è l’esatto contrario. Sull’omnibus della legge finanziaria è stato caricato di tutto, perfino merce avariata di cui nessuno, né nel governo né nella maggioranza, riconosce la paternità. Non sono le linee di politica economica fondamentali a essere approvate, ma una nebulosa di provvedimenti specifici, talora introdotti più o meno surrettiziamente nell’emendamento finale onnicomprensivo che nessuno ha letto prima che fosse approvato. In Parlamento, d’altra parte, né la maggioranza né l’opposizione hanno potuto discutere seriamente, perché nuove norme continuavano a uscire a ripetizione. L’ostruzionismo denunciato come pretesto del ricorso alla fiducia non c’è stato perché non c’è mai stato un testo definitivo cui opporsi. Napolitano ha indicato la strada da seguire per riportare alla fisiologia del confronto democratico meccanismi ormai sfuggiti di mano anche dal punto di vista costituzionale. Ogni articolo di legge deve essere discusso e votato singolarmente, dice la carta. Questo indurrebbe i governi a non presentare più provvedimenti fiume, per giunta con andamento carsico, limitandosi all’essenziale, e metterebbe il Parlamento in grado di capire su che cosa si vota. Sta in questo il valore del monito presidenziale. Non si limita a evocare i problemi, enuncia anche i modi per risolverli. Non invade lo spazio del legislatore, lo difende da meccanismi perversi che lo stanno riducendo a pura formalità. Per questo il messaggio non va strumentalizzato, deve invece essere realizzato, per evitare che l’anno prossimo si torni da capo a dodici.
From "Il Foglio", December 22, 2006
0 Comments:
Post a Comment
<< Home