La falsa via del berlusconismo di Elio Antonucci
Lo scorso gennaio si è tenuto a Roma il convegno sul berlusconismo, organizzato dalla Fondazione Liberal. Si è discusso della figura del Cavaliere, del politico e dell’interprete migliore della società che cambia. Ma si è anche parlato di “berlusconismo”, termine, a dire il vero, già usato da diversi anni a questa parte per indicare un preciso approccio alla res publica. Come tutti gli “ismi” anche il berlusconismo dovrebbe esser preso sul serio e considerato senza pregiudizi e con un minimo di realismo. Sempre che si possa discorrere di un simile fenomeno o, come ritengo, non si stia proponendo una vistosa forzatura.
La politica italiana vive di luoghi comuni ed uno di questi è senza dubbio il Berlusconi “non politico” o addirittura inteso come “antitesi della politica”. Ma cos’è un politico? Letteralmente significa “colui che si occupa della pòlis”, cioè chi governa una città o, per esteso, una nazione. Secondo la sinistra e, a dire il vero, ampi settori del centrodestra, Berlusconi non è un politico perché non viene dalla politica politicante, perché è un nuovo arrivato rispetto ai signori che si occupano di tali cose da una vita, perché il suo eloquio non è tecnicamente perfetto come quello di un Fini o altezzoso come quello di un D’Alema o noioso come quello di un Bertinotti. Berlusconi non è un politico punto e basta. La prova provante sta nel fatto che coloro che predicano l’antipolitica del Cavaliere in realtà non ne sanno dare un’altra definizione. Una definizione che sia, cioè, più argomentata, profonda e, soprattutto, dimostrabile.
Politico significa essere portatore di idee, rappresentante di classi sociali, artefice del consenso, governante. Berlusconi rispetta tutti questi quattro parametri. Anzitutto la piattaforma ideologica. Il più grande merito del leader della Cdl è stato quello di raccogliere quasi in toto l’eredità del pentapartito e di integrarla a quella del vecchio Msi. Berlusconi oggi rappresenta la fusione tra la cultura liberale e modernista delle classi più avanzate del nord Italia e quella ancora conservatrice e tradizionalista del meridione. Il risultato di tale stupefacente sintesi politica è il consenso che gli deriva, quando perde le elezioni, dalla metà degli italiani e, quando vince, dalla stragrande maggioranza del popolo. Dati alla mano,infatti, il centrodestra dal 1994 ad oggi non è mai stato minoranza in questo Paese. Il carisma indiscusso e inimitabile di Berlusconi ha notevolmente contribuito a questo successo. Il Cavaliere ha presieduto l’esecutivo più lungo della storia repubblicana e, comunque la si pensi, ha governato. Bene o male, a seconda dei punti di vista. Ma Berlusconi oggi rappresenta l’unico politico italiano nel vero senso della parola. Un fenomeno difficilmente ripetibile e che apre inquietanti scenari sul futuro dell’Italia e del bipolarismo.
“Berlusconismo” infatti dovrebbe rappresentare un movimento politico, uno stile di governare, una filosofia di vita. Tuttavia il popolo di centrodestra non è berlusconizzato, che la sinistra ne dica. Sono abbastanza vicino agli ambienti di Forza Italia per sapere di cosa si sta parlando. E posso dire a voce alta e senza tentennamenti che sono il pregiudizio, la malafede ed una buona dose di invidia sociale miscelate ad un rancore profondo a spingere gli opinionisti e le masse progressiste a fare certe asserzioni. Il centrodestra è interclassista anzitutto, ma è soprattutto una miscela delle ideologie più importanti del nostro Paese: la cattolica, la liberale, la federalista, la nazionalista e la socialista. Ideologie, si badi bene, esistenti da almeno due secoli a questa parte e di certo non introdotte da Berlusconi. Il Cavaliere ha semplicemente amalgamato popoli in passato distanti tra loro (talvolta in aperta contrapposizione) ma uniti da due comuni denominatori: l’antistatalismo e l’anticomunismo. La somma ha dato l’attuale Casa delle Libertà. Come si può verosimilmente pensare che metà e più degli italiani sia berlusconizzata? Come la si può considerare così acefala?
Un altro dei luoghi comuni della politica italiana è quello di ritenere ignorante chi vota per Forza Italia. Se lor signori avessero studiato meglio il Paese, fatto indagini statistiche degne di tal nome si sarebbero accorti della fallacità di queste convinzioni.
La sinistra italiana vive una sorta di complesso berlusconiano. Anzi, paradossalmente si può affermare che sia la sinistra ad essere berlusconizzata. E’ un rapporto morboso quello che ha con il Cavaliere, così morboso da mandarla nel pallone ad ogni minima assenza dalla scena del signore di Arcore o per ogni suo malore. “Dio salvi Berlusconi” recitava l’editoriale di prima di Liberazione, all’indomani dell’episodio di Montecatini a testimonianza di come il leader del centrodestra sia indispensabile per la sopravvivenza politica della sinistra, in quanto unico fattore unificante. La coalizione progressista oggi soffre di una grave forma di miopia. Non capisce che l’Italia che produce, l’Italia che lavora, l’Italia più avanzata culturalmente, l’Italia che vuole il progresso, l’Italia orgogliosa dei propri valori e delle proprie tradizioni, l’Italia dei nostri padri e quella del futuro vota per Berlusconi. Vota Berlusconi non perché berlusconizzata ma perché Berlusconi è l’unico che ha la capacità politica per dar loro voce ed indicare una via. Questo obiettivamente non si traduce in una reale capacità di soddisfare tutte le su citate aspettative ma per questa Italia il Cavaliere rappresenta il male minore, convinta, e non a torto, che “Berlusconi non farà i miracoli che promette, ma di certo non ci danneggia”. E’ questa la chiave di volta. Fino a quando la sinistra non si sdoganerà dal complesso del berlusconismo non riuscirà a fare quel salto di qualità necessario per recuperare consensi in quell’Italia che è la parte migliore del Paese.
Il 2 dicembre 2006 a Piazza San Giovanni questa Italia, rinnegata dalla sinistra e celata dai sondaggi di parte, si è materializzata. La manifestazione più grande dal dopoguerra, 2200000 di operai, impiegati, artigiani, commercianti, imprenditori, studenti, anziani e famiglie intere. Il popolo anticipa sempre la politica ed anche questa volta è successo. Gli italiani hanno invitato i leader della Cdl a marciare uniti, a credere nel progetto del Partito delle Libertà e vincere le elezioni. Quel popolo per quanto interclassista e ideologicamente vario oggi è un mare indistinto, agitato da proposte, progresso ed innovazione. Berlusconi ha raccolto l’eredità del passato e ne ha ridato dignità politica dopo l’incubo giustizialista di Tangentopoli. Oggi non esiste alcun berlusconismo, ma un popolo di centrodestra avanti anni luce da Fini, Casini e compagnia cantante.
Chi parla oggi di berlusconismo danneggia il popolo delle libertà. E’ una falsa via da non perseguire per non disperdere il lavoro fatto in quasi 15 anni di storia moderna. La gente chiede il partito unico ed è questa la differenza con la sinistra. Là il Partito Democratico lo calano dall’alto senza alcuna piattaforma ideologica e Mussi ha ragione da vendere quando parla di “inconsistenza” della proposta. Il centrodestra oggi grazie a Berlusconi è un unicum animato dalle stesse aspettative. Compito della classe dirigente del futuro sarà quello di proseguire in quest’opera unificatrice nel solco della tradizione popolare europea. Agli elettori della Cdl non interessano né il dibattito sulla leadership né le spinte neocentriste limitate al Parlamento ed inesistenti nel Paese. Oggi quegli elettori hanno bisogno di essere rappresentati. Semplicemente. Servono programmi concreti e chiari. Il federalismo fiscale, le liberalizzazioni nei trasporti e nella pubblica amministrazione, il potenziamento della legge Biagi, l’apertura alla concorrenza anche straniera, gli investimenti nella ricerca, la politica estera filo occidentale, la lotta senza riserve al terrorismo, le infrastrutture per ammodernare il Paese. La sinistra e i lacchè del Cavaliere lo chiamano berlusconismo. Io la considero una seria politica liberale per l’Italia.
1 Comments:
Come ho detto non sono contro la persona del cavaliere, ma contro chi ruba e cambia le leggi per farla franca, qualunque sia il suo partito. Antistatalista, sìì! Quando gli fa comodo.. Il suo è un comunismo di alto borgo, l'essenza del re. Ovvero contro l'anarchia sì, ma non per la propria. Il consenso poi lo tira fuori solo quando gli fa comodo, spara balle come quella dei sondaggi che lo danno al 72%. Invidia? No grazie. Qui ci si vuole smarcare e nel frattempo usiamo gli slogan del berlusca? Come conciliamo?
Come dice la Cortellesi (e quanto ci ha azzeccato) "L'aborto? La breccia di porta Pia? Ma non potremmo riparlarne ancora un po?".
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